Nel corso dell’audizione davanti alla Commissione XIII della Camera dei Deputati, l‘Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane, AIDEPI, ha sostenuto che non è vero che quest’anno la pasta italiana potrebbe essere fatta solo con grano nazionale, visto che la qualità del raccolto 2016 è complessivamente medio-bassa e che le importazioni saranno quindi necessarie per garantire ai consumatori una pasta di qualità. Secondo AIDEPI, non è attaccando l’industria della pasta italiana che si risolvono i problemi dell’inadeguatezza del sistema produttivo del grano duro italiano.
Una soluzione potrebbe essere trovata incentivando gli accordi di filiera, per dare agli agricoltori una corretta pianificazione della produzione, con la giusta remunerazione e con meccanismi premiali in presenza di parametri qualitativi prestabiliti, in linea con le esigenze dell’industria. «L’industria della pasta – afferma Riccardo Felicetti, Presidente dei pastai italiani di AIDEPI – sta fornendo il massimo supporto al settore agricolo italiano del grano per riuscire ad avere una materia prima in linea con gli standard necessari per produrre la pasta più buona del mondo. Il vantaggio sarebbe reciproco se si riuscisse ad utilizzare solo grano italiano, ma per il momento, nonostante questo raccolto sia in quantità eccezionali, la qualità in termini proteici è bassa».

Un raccolto 2016 ricco ma di scarsa qualità

Anche se quest’anno la produzione di grano duro italiano è particolarmente generosa in termini quantitativi, la qualità complessiva del raccolto 2016 non raggiunge i parametri di eccellenza richiesti dai pastai. Secondo le stime AIDEPI, fino all’80% del grano duro centromeridionale è ai limiti della “legge di purezza” cui tutti pastai italiani si devono attenere e che da quasi mezzo secolo definisce i parametri analitici della materia prima: dalla qualità del glutine al tenore proteico minimo, dall’umidità al contenuto in ceneri, fino al grado di acidità e al colore giallo.
L’industria della pasta ha bisogno di comprare solo grano di ottima qualità. I grani duri esteri più pregiati, che coprono in media il 30-40% del fabbisogno, possono arrivare a costare anche il 10%-15% in più di quelli nazionali, perché solo i migliori frumenti disponibili sul mercato permettono di realizzare la giusta “miscela”, che è il segreto della nostra pasta. Le fluttuazioni di mercato non dipendono da segrete manovre speculative. Più semplicemente, a fronte di un globale aumento delle rese, e quindi della disponibilità di grano duro, assistiamo ad una globale diminuzione dei prezzi. In questo contesto depressivo, il grano estero ha un prezzo maggiore rispetto a quello nazionale per il suo livello qualitativo più elevato. Se venisse prodotta pasta di solo grano nazionale, gli italiani dovrebbero rinunciare a 3 piatti di pasta su 10.