In Gran Bretagna e nei paesi scandinavi per ogni prodotto italiano ce n’è presente uno sul mercato che è imitato. Peggio va in Francia dove tale rapporto sale a due imitazioni per ogni prodotto originale. Ma il record spetta alla  Germania e all’Olanda perché in questi le imitazioni sono il triplo del prodotto made in Italy. È così che, complessivamente, in Europa i prodotti italiani sono imitati per un valore che raggiunge i 26-27 miliardi di euro, a fronte di esportazioni per 13 miliardi di euro di effettiva produzione.

I numeri sono quelli che emergono dalla prima relazione sulla contraffazione e sulla pirateria agroalimentare realizzata della Commissione parlamentare d’inchiesta. Secondo Coldiretti, a livello nazionale, la contraffazione dei prodotti agroalimentari è un business che sfiora i 164 milioni di euro al giorno. Un’attività parallela che “ruba” trecento mila nuovi posti di lavoro e taglia di due terzi l’export. Un volume d’affari che, solo per la Sicilia, ammonta oggi a 12,5 miliardi di euro.
«È come se alla tavola di ciascun cittadino italiano – spiega il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso – ci sia un convitato di pietra che mangia e consuma. Attraverso la presenza in ogni segmento della filiera dell’agroalimentare, dai terreni alla logistica, all’ingrosso ortofrutticolo, la criminalità organizzata controlla i prezzi dei prodotti, gravando sui consumatori fino a determinare costi di acquisto pari a 10 volte quelli di mercato».

Facendo seguito a questa prima relazione, la commissione parlamentare non sembra intenzionata a fermarsi: «Il prossimo passaggio sarà cercare di capire il sistema finanziario che sostiene la rete della contraffazione e bisogna indagare sul money transfert – sostiene il vicepresidente della commissione, Ludovico Vico (Pd) – perché per fermare il fenomeno della contraffazione è necessario bloccare il flusso di finanziamenti che alimenta questo mercato».