L’entrata in vigore del regolamento Ue n.1337/2013, che impone in etichetta l’obbligo di indicazione del luogo di provenienza e di macellazione per le carni suine, ovi-caprine e dei volatili è: “Una conquista di civiltà che completa e arricchisce di contenuti un percorso lungo e difficile avviato dall’Unione europea 15 anni fa con l’etichettatura delle carni bovine, per rispondere alla crisi della mucca pazza”. Così Cia, Confederazione Italiana Agricoltori, ha espresso la propria soddisfazione  per la nuova normativa comunitaria.

«Queste norme – ha commentato Dino Scanavino, il presidente della CIA – sono il frutto delle mille battaglie combattute con le altre organizzazioni che operano nel settore agricolo. Dobbiamo partire da questo risultato per rafforzare la sicurezza e la trasparenza alimentare iniziando dalle produzioni che, a oggi, restano ancora escluse dalla normativa europea sull’origine dei prodotti agricoli. Certo è che con la nuova etichetta sarà più facile combattere contro chi usa il nome ‘Italia’ per vendere il suo prodotto. Ora occorre andare avanti. Devono essere rinforzate le filiere produttive e devono essere irrobustite le difese delle carni a denominazione di Origine Protetta (Dop), Indicazione Geografica Protetta (IGP) e le specialità tradizionali Garantite (STG)».

Etichettatura delle carni suine: la soddisfazione della CIA

Per Presidente della CIA, Dino Scanavino, quella effettuara dalla Ue era: «Una scelta obbligata e non più rinviabile sia per rispondere alle attese dei tanti consumatori che sono sempre più interessati a fruire delle informazioni che accompagnano i prodotti al momento della loro scelta di acquisto, sia per assicurare competitività agli agricoltori e per premiare i loro sforzi, in particolare nel nostro Paese. Per essere trasformata in valore, la diversità della produzione agroalimentare italiana, che ha pochi eguali nel mondo, necessita di riconoscimento da parte dei consumatori e trasferimento lungo la filiera produttiva. In questa direzione – sottolinea il Presidente Cia – le forme di tutela, come quella dell’etichettatura del luogo di origine delle carni, possono rappresentare un importante strumento di valorizzazione e di sviluppo economico per imprese e aree rurali».

Restano da dipanare i nodi che aggrovigliano la commercializzazione delle carni di coniglio e di cavallo. «Lo dico con tutto il rispetto che meritano i difensori di queste specie, non riesco a capire queste differenze di trattamento: gli animali hanno la stessa dignità, devono essere trattati con rispetto, devono vivere in ambienti idonei, ma – conclude Scanavino – vietare, com’è stato chiesto, la commercializzazione della carne di cavallo e di coniglio mi sembra, mi dispiace dirlo, solo una fantasia».