All’indomani della decisione dei cittadini del Regno Unito di lasciare la Ue, si fanno i conti sulle conseguenze di questo voto referendario e sulle rinuncie alle quali vanno incontro i britannici ‘extracomunitari’. Ed in prima fila ci sono i pomodori: quasi il 90% dei pomodori sul mercato inglese sono importati da paesi Ue, la maggior parte dall’Olanda (il 40%) e dalla Spagna (il 35%). Pesante anche il bilancio per gli agrumi, visto che la Gran Bretagna importa circa 770 milioni di tonnellate di agrumi l’anno, soprattutto dalla Spagna (il 40%). Ma tutto il comparto agricolo pagherà uno scotto pesante visto che circa la metà degli introiti dell’agricoltura britannica proviene dai sussidi comunitari, che ora non ci saranno più.
Per i cittadini del Regno Unito, costeranno sicuramente di più i formaggi che dalla Ue arrivano per il 62%, e per il 98% i derivati. E che dire del vino d’oltremanica? Naturalmente chi potrà permetterselo il vino continuerà a berlo, scegliendo come accade oggi quello francese, spagnolo e soprattutto italiano. Ma sarà ben più caro visto che l’Unione europea applica una tariffa del 32% sull’export delle bottiglie verso i paesi non Ue. Il Regno Unito sta negoziando una serie di accordi per rimuovere le barriere doganali sui vini provenienti da Nuova Zelanda e California. Altrettanto potrebbe fare con l’Europa, con esiti che per altro oggi non sono preventivabili.

Il mondo della moda italiana non dovrebbe risentirne
Comparto che molto interessa l’Italia è quello della moda: scarpe e abbigliamento non dovrebbero però essere sottoposti a dazi di ingresso e le autorità britanniche tendono a garantire una discreta libertà e concorrenza ai negozi delle principali città inglesi. Anche per questo Claudio Marenzi, presidente di Smi-Sistema Moda Italia, la federazione Confindustriale della Moda e del Tessile, ritiene che l’impatto della Brexit sarà limitato, se non addirittura vantaggioso per il nostro Paese.
«Se da una parte il Regno Unito – dice Marenzi – rappresenta il quarto mercato per export dei nostri prodotti, è anche vero che oramai Londra, come Parigi, rappresenta una destinazione di transito verso altri paesi e che l’impatto per le nostre aziende, se ci sarà, potrà essere alquanto limitato. D’altra parte, l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa ci fa perdere un avversario che sia nel passato sia nel presente ha osteggiato la nostra industria: dalla battaglia sulle produzioni del Pakistan, al riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina, fino al tentativo di cancellare le diciture “Made In”».
La Brexit infine comporterà tempi più lunghi e costi superiori per le importazioni di automobili a causa della burocrazia. Infine per i britannici sarà più caro volare per il deprezzamento della sterlina: per ottenere tariffe standard con quelle europee, il governo britannico dovrà negoziare l’accesso alla Ecaa, l’Area comune Europea di Aviazione.