Il quarto Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Eurispes, Coldiretti e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare ci dice (ma è evidentemente solo una conferma) che le “agromafie”, per raggiungere il loro obiettivo, ricorrono a tutte le tipologie tradizionali di reato: usura, racket estorsivo e abusivismo edilizio, furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine o danneggiamento delle colture con il taglio di intere piantagioni. Non c’è solo l’attività agricola diretta, la criminalità investe denaro sporco per controllare settori ‘puliti’ quali la ristorazione, la grande distribuzione e persino il turismo agricolo, accanto alle ingerenze illegali in settori già consolidati come il ciclo dei rifiuti, le coltivazioni e la distribuzione dei prodotti ortofrutticoli.
Il business delle “agromafie” ha superato i 16 miliardi di euro nel 2015 e quasi nessuna regione italiana può dichiararsi immune. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del Made in Italy. E talvolta, brusche ed inspiegabili oscillazione dei prezzi al consumatore sono la conseguenza non solo dell’effetto dei monopoli, ma anche delle distorsioni e speculazioni dovute alle infiltrazioni della malavita.

Come difendersi? Iniziamo ad imparare a leggere le etichette. Ha comprare dal nostro fornitore di fiducia il prodotto a KM 0. Ad interrogarci sulla provenienza delle materie prime e a non farci più ingannare dal prezzo civetta. Molto spesso il prezzo basso nasconde il business delle “agromafie”.

Mario Ongaro