È una ventata di nuovo quella che sta attraversando l’agricoltura italiana. L’abbiamo sottolineato su queste pagine riportando i numeri diffusi da Coldiretti che ha analizzato alcuni dati di Unioncamere. Un vento che soffia principalmente sul sud della penisola dove il territorio offre opportunità di sfruttamento che ormai al nord si sono pressoché esaurite, con qualche eccezione solo nelle zone montane più impervie. E in un sud che spesso offre meno occasioni occupazionali.
Ecco allora che i giovani hanno deciso e sono tornati all’agricoltura. Semplificando così, non si coglie la complessità di un fenomeno che si propone ricco di sfaccettature. C’è al fondo la voglia di riscatto delle nuove generazioni che non abbandonano più il loro territorio e c’è insieme la convinzione che proprio dalla terra si può ripartire per un progetto di nuovo sviluppo. I giovani hanno compreso che l’agricoltura non è solo produrre del cibo, ma può essere anche un contributo fondamentale a tutelare l’ambiente, a migliorare il benessere generale attraverso una sana alimentazione, una leva per il turismo e la valorizzazione culturale di un’area vasta.
Ecco allora che la crescita del +7% delle imprese agricole guidate da giovani al di sotto dei 35 anni sta davvero cambiando l’immagine stessa dell’agricoltore meridionale. Che è sì coltivatore, ma anche operatore agrituristico e che interagisce in settori di ancor più vasto interesse: dalla tutela del paesaggio al reinserimento sociale dei portatori di handicap o di ex detenuti; dalle bio-spa alla trasformazione e commercializzazione dei prodotti salutistici.
E l’agricoltura? Lo spirito nuovo e le nuove competenze dei più giovani stanno davvero cambiando anche quella. Nessuna rivoluzione, ovviamente, ma tecniche che sono diffuse in altri paesi europei o anche solo nell’agricoltura settentrionale stanno rapidamente diffondendosi. I droni che svolazzano sulle colture solo la bandiera di una innovazione che, alimentata dai giovani, promette di creare un nuovo futuro per il nostro mezzogiorno.