Lo abbiamo scritto già altre volte, ma è un tema ricorrente e deve restare il faro dell’impegno nazionale. L’occasione torna a presentarsi per gli ultimi dati diffusi sull’export del vino italiano che nel 2018 è sceso repentinamente sotto la quota dei 21 milioni di ettolitri: 20,9 milioni di ettolitri vuol dire una contrazione in quantità del -7,6% sull’anno precedente. Cose da strapparsi i capelli.
Invece il comparto festeggia perché il vino italiano in bottiglia ha fatto registrare un +3,4% per valore con un aumento del prezzo medio che ha raggiunto mediamente, e superato spesso, i dieci punti percentuali nelle vendite all’estero. Ecco allora il tema di cui abbiamo spesso parlato: la qualità!
In un contesto internazionale che di difficoltà alle esportazioni ne vede molte e che registra un generale calo delle contrattazioni commerciali internazionali, la rilevazione appena diffusa da Federivini che colloca l’export 2018 a quota 6 miliardi 377 milioni assume un significato particolarmente importante. Anche considerando che il vino ha una incidenza dell’export sul fatturato totale pari al 60%, di gran lunga superiore a quella del “food and beverage” nazionale, che non va oltre il 23,7%.
Veder crescere il valore del prodotto esportato, allora, indica ancor più decisamente la strada da seguire, quella della valorizzazione del prodotto nazionale puntando a livelli qualitativi sempre maggiori: Doc, Docg, Igp, ma anche tutto il lavoro che i consorzi stanno sviluppando per legare il vino al suo territorio e all’immagine di cultura, storia, arte dell’Italia. Senza però nasconderci i problemi futuri: l’aumento maggiore il vino italiano lo ha fatto registrare sui mercati Usa e Gran Bretagna che sembrano quelli che domani potrebbero riservarci le peggiori sorprese.