Non abbiamo una sfera di cristallo. Beh, almeno noi! Perché sembrano essercene anche troppe in giro nel nostro Paese. E tutti a scrutare che cosa succederà dopo il referendum in Grecia: tutti esperti (oltre che Commissari tecnici della Nazionale di calcio, come è sempre stato detto) nell’indicare quelle che saranno le prossime mosse di una ‘partita’ che contrappone Europa e Grecia.

Innanzitutto sarebbe utile capire che non si tratta di una ‘partita’: è evidente che nessuno vincerà e che fare degli sconfitti non è nell’interesse di nessuno. Si potrebbe piuttosto dire che ciascuno dovrà perdere, il meno possibile, ma un po’ di sconfitta da entrambe i lati sarà necessaria. Il nodo sarà una contrapposizione oggi evidente: quella tra le banche e i popoli. In Grecia, la consultazione referendaria ha reso palese che da un lato ci sta il potere finanziario che impone le proprie regole all’Unione. Lo ha fatto ancor più con la crisi che proprio il mondo della finanza aveva fatto scoppiare a livello planetario.

Dall’altro lato, la dissanguata Grecia ha messo in piazza il peso del popolo e, a questo punto attraversando l’animo di tutti i Paesi dell’Unione, di tutti i popoli che dopo le ‘batoste’ sopportate immolandosi sull’altare del rigore, oggi vedono uno spiraglio, una opportunità perché il mondo delle banche sia costretto a fare i conti con la vita reale. Lo Statuto della UE dice che la BCE è assolutamente autonoma nella proprie decisioni, ma è oggi sempre più evidente che i cittadini europei hanno bisogno di un governo dell’Unione che nasca dalla politica, senza corpi separati che vivono di per sé stessi.

Non avendo una sfera di cristallo, non sappiamo cosa succederà domani. Ma che questa sia la posta in gioco lo si legge nel presente della Grecia. E dei cittadini di tutti gli altri Paesi.